Per gli Impressionisti, che con Claude Monet, formavano l’ecole de en plain air, dipingere in natura era una necessità. Catturato dalla sensibilità atmosferica, ispirato dalla luminosità del luogo e dei riflessi dell’acqua, Monet, descrive il paesaggio utilizzando tratti brevi e virgole di colore, giungendo al dissolvimento delle forme nella luce: all’impressione. Nelle opere di Monet, come nella Serie di Cattedrali del 1894, la ripetizione di un medesimo soggetto è dettata dalla velocità di cogliere un soggetto appunto, “nell’immediatezza di un attimo irripetibile”, quindi non è altro che il soggetto colto in momenti luminosi diversi. Per tutta la vita, Monet, uscì a dipingere immerso nella natura: per dipingerla aveva bisogno non solo di vederla ma, di sentirla in tutti i suoi fenomeni attorno a sé. Fa della natura il suo atelier, quell’atelier diverso ogni volta che cambiava il paesaggio, il soggetto, il punto di vista. “Mentre il pittore dipinge, il paesaggio varia ad ogni ora, varia con la mobilità della luce, dell’aria e delle nuvole”. L’invenzione delle Serie, sembra nascere proprio dalla consapevolezza e malinconia della caducità e dell’effimero, che si cela dietro la bellezza catturata in un attimo. Tenta così di vincere la caducità con la “durata” nella rielaborazione di uno stesso soggetto. Ottiene dalla medesima scena, dalla medesima visione, risultati differenti. C’è pertanto una implicazione soggettiva. Non è una descrizione oggettiva, come nei pittori naturalisti. Il ciclo delle Cattedrali, per esempio, comprende oltre 50 dipinti, nei quali Monet indaga il variare dei punti e delle ore di osservazione, dimostrando la mutabilità e relatività della visione (Cattedrale di Rouen del 1894). Nelle Ninfee, (il grande stagno che ospita le ninfee) è osservato e ripreso a tutte le ore del giorno, per cui, ne studia i riflessi dell’acqua, delle luci e delle intonazioni (Ninfee rosa del 1898, Ninfee bianche del 1899, Lo stagno delle ninfee, armonia verde del 1899, Lo stagno delle ninfee, armonia rosa del 1900).
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